Di treni che passano una volta sola e di sliding doors

Vi ho mai raccontato delle mie sliding doors? Tutti nella vita ci domandiamo cosa sarebbe potuto succedere se avessimo fatto scelte differenti nei momenti cruciali -o anche no- delle nostre vite.
Kirkegaard parlava dell'angoscia che genera la scelta nell'essere umano; ci fa riflettere su quanto sia degradante essere continuamente di fronte a scelte, banali o importanti che siano, risvegliando dentro l'essere umano l'innata paura dell'ignoto. Quando fai una scelta sei costretto ad escludere a priori le altre possibilità, e mai saprai cosa sarebbe successo selezionando un'altra alternativa. E sarebbe bellissimo poter avere la sfera di cristallo, sapere le conseguenze di qualsiasi possibile azione, prevedere il futuro.. Ma siamo tutti consci del fatto che non è proprio possibile.
C'è una sorta di piacevole masochismo nel crogiolarsi in tutte le previsioni che riguardano le nostre decisioni, io personalmente fantastico spesso su tutte le cose diverse che avrei potuto fare nella mia vita; questo non significa che io mi senta insoddisfatta o che tornassi indietro sceglierei diversamente, ma qui arriviamo all'altro tema importante: i famosi treni che se non prendi, non ripassano una seconda volta. Quante volte si ha la sensazione di aver perso una grande opportunità, che non sarà più possibile cogliere in futuro, semplicemente perchè non si ripresenterà? Beh a me è capitato un'unica volta. E ammetto che ci penso spesso, spessissimo a come sarebbe stata diversa la mia vita.
Avevo tra i 16 e 17 anni quando ho iniziato a scrivere per "il cittadino", periodico locale ligure, in cui mi ha inserita un mio professore del liceo. Ho sempre amato scrivere, e ho sempre avuto la fortuna di aver avuto persone che credevano abbastanza in me da incoraggiarmi a non smettere. Così ho iniziato senza esitazione questa nuova ed esaltante esperienza. Inutile spiegare l'emozione che ho provato vedendo scritto il mio nome alla fine del primo articolo che mi hanno pubblicato, non sono proprio in grado di spiegarla a parole senza fare un gran casino. Era solo un misto di autostima, felicità, realizzazione, che mi spingeva a fare sempre di più e sempre meglio. Mi occupavo principalmente di recensire eventi culturali, intervistavo gli organizzatori, i partecipanti, e soprattutto, partecipavo a un sacco di cose fighe proposte dalla mia città, e un paio di volte anche fuori. Inutile spiegare quanto mi abbia aperto la mente quest'esperienza, e soprattutto quante persone interessanti per me e il mio futuro stavo incontrando.
Ho scritto per più di due anni per il giornale, mollando un po' all'ultimo anno di liceo, perchè ero veramente coinvolta in tantissime cose da fare, pertanto mi riusciva difficile seguire assiduamente come prima tutta l'attività del giornale. Era anche l'anno della maturità, e come tutti i periodi di transizione, sentivo confusione, insoddisfazione, indecisione, anche se per come stavano andando le cose, posso dire col senno di poi che sarei potuta stare molto più tranquilla e godermi il successo di quel periodo. E così nel periodo invernale mi è arrivata LA PROPOSTA, quella che non merita solo la P maiuscola; mi è stato proposto un colloquio con il direttore del "corriere mercantile", uno dei giornali più importanti della Liguria. La mia risposta è stato un secco NO, senza pensarci troppo. Perchè? Perchè non era il momento; e credevo di poter avere un'altra opportunità qualche mese dopo. Ma i mesi sono passati veloci, ho continuato a rimandare il momento del si, e quando mi è tornato in mente era troppo tardi; il giornale stava fallendo, il direttore non era disposto ad assumere più nessuno, e aveva drasticamente ridotto anche il personale che lavorava lì da anni. Addirittura qualche mese dopo gli hanno tagliato la luce in redazione.
Insomma, un bel casino, non c'era più spazio per me, io avevo veramente perso il treno, e provare a salire su altri treni, essendo una perfetta miss Nessuno, che aveva scritto per il giornalino locale, non era abbastanza per farmi prendere in considerazione.
Nel momento in cui scrivere era anche il mio mestiere, credevo che avrei fatto solo ed esclusivamente quello per tutta la vita. Ma riguardando indietro, penso che la decisione di non accettare un colloquio al momento giusto ad un giornale serio, forse significava che non ero proprio convinta, e che sicuramente non ci credevo così tanto come sembrava. Il punto è che avevo solo 18 anni, e tanta voglia di scoprire il mondo. Il punto è che se quella davvero fosse stata la mia strada, avrei trovato una via parallela per raggiungere la destinazione; così non è stato, e forse è stato meglio per molti motivi. Se scrivere è davvero ciò che mi fa stare bene più di ogni cosa, beh, io lo sto già facendo, e non ho mai smesso. Qualcuno che mi legge esiste, e questo mi da un'immensa soddisfazione, anche se non è un pubblico vasto, so che è un pubblico interessato, e questo mi basta a voler continuare a scrivere non solo per me stessa ma anche per gli altri.
Ma ora crogioliamoci un po' insieme su cosa sarebbe potuto succedere. Abbiamo infinite possibilità.

Ipotesi #1: Colloquio fatto; convinta che sia andato benissimo stappo una bottiglia di spumante, e sono felice come una pasqua. Tutte le persone intorno a me nutrono grandi aspettative su di me, più alte di quanto già non fossero prima del fatidico colloquio.
Un paio di giorni dopo ricevo una mail dalla redazione; sono spiacenti ma pensano che io non sia adatta a ciò che cercano loro, sono troppo giovane, troppo inesperta, troppo poco brava.
E' stato bello provarci, ma inevitabilmente ho un crollo di autostima. Pensavo che quel colloquio significasse automaticamente lavorare per quella redazione, mi ero fatta troppi castelli in aria, troppi film mentali, e tornare alla realtà era come cadere dal quinto piano di un palazzo.
Smetto di scrivere, tanto non sono abbastanza brava. Smetto di scrivere sul blog, smetto di scrivere le sceneggiature per gli spettacoli teatrali, mi limito a scrivere solo la lista della spesa, e affondo completamente la mia passione ogni volta che tenta di riemergere; la paura di fallire ancora è troppo alta. E quindi in questo momento starei studiando probabilmente la stessa cosa che sto studiando ora, ma la paura di fallire mi avrebbe bloccata; non sarei all'ultimo anno perfettamente in tempo, ma ancora alla triennale cercando di preparare quel dannato esame di programmazione che non mi fa dormire la notte. Non starei scrivendo da un laboratorio fighissimo nei pressi di Lisbona, e probabilmente non farei nemmeno un'esperienza all'estero: già è facile fallire parlando la propria lingua, immagina quanto facile sarebbe in un'altra lingua e fuori dalla mia zona di comfort chiusa e ovattata. Probabilmente dopo la laurea mi sarei sposata con il ragazzo del liceo, l'ingegnere -anche lui appena laureato essendo fuori corso di ennemila anni-, avrei fatto la casalinga disperata che scrive le proprie frustrazioni e le proprie fantasie sessuali con il cassiere del Conad sopra un diario minuziosamente nascosto nel cassetto delle mutande. Alla fine le mie conoscenze in chimica mi avrebbero permesso di avvelenare il mio ricchissimo marito con l'arsenico senza essere sgamata, in modo da poter diventare una vedova allegra, e sfruttare l'eredità per trasferirmi in Messico ad allevare lama, che è sempre stata la mia passione nascosta, ma che avevo troppa paura di rivelare a qualcuno solo per la solita paura di fallire.

Ipotesi #2: Ho fatto il colloquio. Chissà se è andato bene. A volte mi sembrava di balbettare, mi sentivo un po' stupida, ma insomma credo di averlo convinto. Per sicurezza a chiunque mi chieda come è andata rispondo che peggio non sarebbe potuta andare, che probabilmente non mi considereranno assolutamente. Stappo un cartone di Tavernello in camera, con accanto il micio che mi fissa chiedendosi perchè mi ubriaco da sola.
Due giorni dopo arriva una mail dalla redazione; ansia. Che faccio la leggo ora che sono da sola o aspetto ancora un po'? Magari chiamo la mamma e la leggiamo insieme, così se devo scoppiare a piangere non sono da sola.
Ok apriamola. YEEE! Mi propongono una collaborazione occasionale, che figata,  sprizzo energia da tutti i pori, voglia di fare a mille e autostima super pompata. Inizio a proporre a stecca le mie idee alla redazione, che in meno di cinque secondi mi rimette al mio posto: 'slow down C, non ti caga nessuno, hai 18 anni, sei qui per grazia divina, limitati a fare ciò che ti viene chiesto'. OK.
La mia autostima rischia di scendere, dopo due mesi non ho ancora scritto nulla per loro, ma rimango pompata, e in effetti dopo un po' mi viene concesso di recensire il mio primo evento da sola; si tratta della sagra del raviolo organizzata dalla Parrocchia di San Gottardo, in cui il compito più interessante è intervistare il parroco evitando di fissarlo insistentemente mentre si mangia le unghie fino a distruggersi le dita, e raccogliere i pareri dei vecchietti che hanno partecipato. La sera a casa mi preparo a sbobinare una registrazione di 2 ore e 43 minuti tutta fatta di 'belin figgiu' e altre espressioni in dialetto genovese -che non so- selezionando quelle da riportare nell'articolo non per grado di rilevanza, ma per semplicità di comprensione. L'articolo piace. Aggiudicato: l'estate alle sagre dei vari quartieri e paesini di massimo 200 abitanti dell'entroterra genovese è tua, cogli al volo l'opportunità Carlotta, si presenta una volta sola.
Passo così l'estate 2012 a Genova, bella vacanza della maturità di merda.
Mi iscrivo a una facoltà tipo scienze politiche o filosofia. In questo momento non starei scrivendo dal laboratorio figo nei pressi di Lisbona perchè starei facendo la cassiera al Conad di Via Trossarelli, dove ci lavora anche un altro cassiere davvero niente male....
L'idea più geniale di quel periodo post laurea è stata aprire un blog in cui raccolgo le fantasie sessuali riguardanti quel cassiere; nel frattempo il corriere mercantile è fallito, e non essendo stata accettata a scrivere per altre redazioni, mi sono data alla letteratura erotica. Mai sentito parlare di 'cinquanta sfumature di grigio'? Peccato dover usare uno pseudonimo e non aver mai ricevuto i riconoscimenti che meritavo di persona.

Ipotesi #3: Ho fatto il colloquio. Mi sono vestita bene, prima volta nella vita che indosso una camicia. Che poi perchè la camicia? Boh non lo so, faceva figo.
Il direttore sembrava interessato, ha letto davvero le cose che ho scritto, e ogni volta che rispondevo ad una domanda annuiva come se stessi parlando della cosa più interessante del mondo.
Mi dice che sono brillante, a tal punto che non vuole nemmeno pensarci un giorno, sono ufficialmente una collaboratrice del giornale.
Mi vengono affidati gli articoli riguardanti gli eventi artistici; sentendomi nel mio mondo sono completamente a mio agio e sicura di me stessa a partecipare a tutte quelle inaugurazioni di mostre, vernissage e performance. Inizio a vestirmi da hipster e decido che l'università non mi serve nella vita, sto già sfondando nel mondo del giornalismo, se collaboro con loro per un numero sufficiente di anni mi potrebbe essere concesso il tesserino e l'accesso all'albo.
Non starei scrivendo da Lisbona, dal mio sfigatissimo laboratorio, ma da un attico a Santa Margherita Ligure con vista mare. Attualmente sarei una giornalista freelenace, e scriverei per vari giornali. Il mercantile è fallito da un paio d'anni, ma il direttore non ha esitato a lasciare raccomandazioni e referenze alle redazioni più influenti del paese.
Qualche anno dopo sarei la caporedattrice di Vogue Italia.
Il cassiere del Conad non l'ho mai incontrato, perchè figuriamoci se vado a fare la spesa, a quello ci pensa la mia colf messicana, che sta lavorando per me solo per poter, un giorno, realizzare il suo sogno di allevare lama.
La mia vita sarebbe abbastanza noiosa, troppo perfetta, troppo ricca, troppo sola, troppe ore passate a dirigere invece che scrivere. Infatti morirò suicida a 42 anni, prendendo una dose letale di Laroxyl, dopo aver scoperto il tradimento del mio fidanzato ventenne, bassista di una famosa band post-punk.

E' divertente pensare a ciò che non è mai successo, e a cosa potrebbe succedere nel futuro. Insomma, alla fine è uscito fuori che non è stato poi così male dire no a quel colloquio ;)


Commenti

  1. Ciao Carlotta, è stato divertente leggere le tue varie ipotesi, e sull'ipotesi #2, se io fossi stato il micio, ti avrei fissata chiedendomi: << Ma perchè si sta ubriacando con il tavernello, in scatola, con tutto quello che c'è per, come si dice dalle mie parti, "tirar sù na sacca fata ben"?>>. Anch'io ho scritto un pensiero sui "treni che passano una volta nella vita" e, dal mio punto di vista, non sono poi così importanti alla fine della fiera. Pensavo, fino a tre-quattro anni fa, di aver perso dei treni che non sarebbero mai più passati, ma poi, guardando bene, non sono stati un problema, perché tutte le scelte fatte fin d'ora, in questa mia attuale esperienza, mi hanno portato ad essere quello che sono e ne sono contento, al di là del pensiero altrui. Negli ultimi anni, ho sviluppato l'idea, sempre personale, per la quale non ritengo così importanti le "apparenti occasioni" che non ti capiteranno più, per il semplice motivo per cui esse non lo sono. Letteralmente, non me ne preoccupo affatto; sono sempre gli altri a farmi notare che ho perso un'occasione irripetibile. Ma, osservo sempre, che se non ho preso tale decisione è perché in quel momento, non lo ritenuta utile per me prenderla, e avevo altro in mente per la mia esistenza. Però, insistono sul fatto che lo persa e non ricapiterà, quasi come a farti venire i sensi di colpa. Che poi mi chiedo: Cosa vuol dire che non ricapiterà mai più?, ma chi la detto? dov'è sta scritto? Perché le cose, le opportunità devono accadere, o passare una sola volta nella vita? Comunque, non sono preoccupato per questi treni: se li devo prendere li prendo, e se non devo prenderli non li prendo... Decido io, e senza rimpianti! Rimpiangere ciò che è passato non serve a niente. Spero di riceve le risposte al più presto possibile, MA VAI TRANQUILLA CARLOTTA, IMMAGINO E SO, GIUSTAMENTE, CHE HAI ALTRE PRIORITA(manca l'accento sulla A), QUINDI NON PREOCCUPARTI, RISP QUANDO VUOI TE. Ti ringrazio di esistere e ti auguro, come sempre, tutto l'amore dell'universo.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao! Che bello vederti anche sul mio blog :D ho visto che hai lasciato un sacco di commenti interessanti, ora leggo tutto e rispondo.
      Sono d'accordo con te sul fatto che le occasioni cosiddette irripetibili non esistano. Ognuno si crea le varie opportunità in accordo con il momento della vita in cui è. Insomma, non è detto che un treno che passa ora, ma su cui io non sono pronta a saltare su immediatamente, non ripassi. Anzi sono anche dell'opinione che prendere il treno sbagliato sia ancora peggio che prenderne uno che ci porta dove vogliamo, ma un po' in ritardo.
      Un esempio di questo pensiero, nella mia vita, sta accadendo ora, che la gente mi continua a chiedere, benchè manchino ancora 3 anni, cosa farò alla fine del dottorato. Ho iniziato a rispondere che probabilmente vorrò un anno sabbatico per viaggiare in posti improbabili. A volte, scherzando, ma nemmeno troppo, dico che andrò a vivere in Vietnam o in Cambogia. Allora la gente risponde "eh ma se ti offrono un super lavoro da ricercatrice o da professoressa? E se trovi l'occasione della vita?" e allora ho rifletturo, e sono arrivata alla conclusione molto zen, che l'occasione della vita non esiste. Esiste solo seguire il proprio buon senso, i propri bisogni e le proprie aspirazioni. Quindi nulla, mi trovi d'accordo con te, ma era troppo divertente pensare alla mia eventuale carriera da giornalista :) :) mi piace tanto il concetto di sliding doors, perchè essendo appassionata di storytelling mi piace raccontare anche le storie della mia vita che non sono accadute, ma che nel mondo delle ipotesi sarebbero state più che plausibili. Un abbraccione

      Elimina

Posta un commento

ogni parola è un dono..ogni parola è una traccia. Grazie per il commento!

Altri post popolari sul blog

Ode alle patate fritte - Pablo Neruda

Pioggerellina di marzo - Angiolo Silvio Novaro

Addosso al viso mi cadono le notti - Patrizia Cavalli

Il Papavero Rosso - Louise Glück

Sei bella