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Visualizzazione dei post da 2022

Combattere il patriarcato

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  "combattere" e "sconfiggere" sono i termini con cui inizio i miei ultimi due post. La mia vita è  in lotta costante, o almeno, così la percepisco. Lunga vita ai ribelli, ma io mi sto stancando. E qualcuno potrebbe ribadire che è semplicemente la vita ad essere difficile; ho pensato anche a questa ipotesi, poi l'ho scartata, perché sì, è difficile per tutti, e sì è una questione di atteggiamento, ma il combattimento costante no, non lo ritengo normale. Ieri mi sono resa conto che la mia sensazione di alienazione passa anche per un altro aspetto che non avevo ancora considerato: il come mi vesto nell'ultimo periodo. Mi piace molto stare senza social, ma mi sono resa conto che la realtà alienante è quella del lavoro. E non solo perché Marx fin dall'inizio ha sempre detto che il capitalismo aliena l'uomo, o meglio, quella è solo una parte, ovvero il non capire come si possa essere felici da lavoratori dipendenti, passando otto fottutissime ore del prop

Sconfiggere l'alienazione

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 La sensazione a cui non riuscivo a dare un nome, ha trovato il suo spazio e la sua espressione nella parola "Alienazione" - ma lasciatemi spiegare un po' meglio... Ho difeso la mia tesi di dottorato il 28 settembre 2022 -finalmente, dopo lunga e penosa agonia durata ben 4 e passa anni della mia vita. Grande stress e grande nervosismo, un paio di crolli mentali. La difesa è durata 2h30, sono stata torturata da ogni singolo membro della commissione, but I'm still alive , anche se alla fine della difesa e alla proclamazione ho pianto. Piangere è self-care, mi ha detto qualcuno recentemente. Piangere e avere crolli mentali non so quanto sia self-care più che self-distruction. Fatto sta che in seguito a grande stanchezza, grande esaurimento mentale, e grande confusione in ultima analisi, ho notato che qualcosa non andava (ah si?) - sospetto un burnout mai curato a sufficienza, mai recuperato del tutto, e ancora un po' bruciante, soprattutto a causa dei grandi cambia

Dottorato di ricerca per sport

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 Mi sono resa conto che sono molto più brava nei miei compiti secondari in azienda, rispetto alle competenze tecnico-scientifiche che ho. In pratica, sono molto più competente (e mi piace di più) fare il lavoro per cui non ho studiato. E così, lavandomi le mani poco fa, mi sono resa conto che forse un dottorato di ricerca io me solo sono presa unicamente per sport. Uno sport un po' estremo, forse. Cosa significa, quindi, questo titolo? Che ho devoluto anni di sacrificio e cervello a qualcosa che non mi soddisfa appieno. Ma questo è il dark side. Credo, soprattutto, che questi 10 anni passati in università mi abbiano regalato l'opportunità di elevarmi culturalmente, di imparare un metodo, di imparare incondizionatamente, mi hanno insegnato l'amore per la scienza, per il perchè e mi hanno insegnato la fiducia nei dati, nell'analisi, nell'evidenza scientifica. Rettifico; non mi è stato regalato nulla. Ciascuna di queste cose in elenco, me le sono conquistate. Con anni

Sic Transit Gloria Mundi: le tasche piene di traslochi

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[ intro: ho iniziato a scrivere questa bozza il 6/07/2022 alle 9:36 - Un mese dopo ho deciso di riprenderla e ampliarla, perché la mia vita corre veloce, e anche solo nel giro di un mese ho avuto così tanti cambiamenti, che non riesco nemmeno io a tenere il passo - e quindi, questo post sarà lunghissimo, e a flusso di coscienza come al solito, perché proprio così so dare (scrivere) il mio meglio. ] Ciclicamente mi ritrovo a dover riorganizzare la vita. A mettere insieme i pezzi, e a capire dove sono al mondo, dove voglio andare, e perché, ma soprattutto come. Come se fossi in una costante situazione di precarietà che mi costringe a ripensare multiple volte la posizione in cui sono, anche questa volta mi interrogo su come fare meglio, su come cercare quella stabilità che è solo un modo di morire a metà. E così mi lascio andare a flussi di coscienza vari, e in effetti è proprio in mezzo alla confusione che sono più proficua, e scrivo. Come sempre ho mille pensieri e mille progetti sparsi

Non mi basta più

 Associata al mio infortunio, ho la storia della bruciante delusione nei riguardi di un'amicizia che durava da circa 15 anni. Ultimamente, ma in realtà da quasi due mesi, penso a come mi sento al riguardo. Non è né rabbia, né rancore ciò che sento. Solo una bruciante delusione nei confronti di questa persona, che si è rivelata opportunista ai più alti livelli che io abbia mai subito. Va bene così, non mi interessa né vendicarmi, né gettargli merda addosso, né tantomeno raccontare per filo e per segno di come io durante la sua tossicodipendenza gli sia stata vicina con tutta me stessa e le mie possibilità, gli ho dato fiducia, infinite volte, e puntualmente è stata tradita. Ma mentre prima il tradimento della fiducia era attribuito alla sua tossicodipendenza e alle infinite ricadute, adesso non c'è più nemmeno quella possibilità. E quindi niente, rimango così, con un pugno di delusione e disillusione in mano, avendo capito che questa persona è davvero così. E mi avevano avvertit

Come scegli dove e quando andartene?

 Ho appena ritrovato una specie di lettera che ho scritto a una cara amica nel 2019, rispondendo ad alcune domande che mi aveva posto riguardo allo spostarsi, riguardo alla mia esperienza, riguardo al trasloco, a come scegliere dove e quando andare via da dove si è. C'è talmente tanto di me stessa lì dentro, che non posso non condividere ciò che ho scritto. Eccola di seguito; correva la data 9/09/2019. "Ciao A., ho pensato fino ad ora a come rispondere alle tue domande. Premetto che ovviamente rimane tutto tra noi, come ogni volta che parliamo di argomenti delicati e molto personali. Sono rimasta un po' spiazzata dalla tua domanda. Per svariati motivi; primariamente perché sento la responsabilità di darti una risposta completa, e secondariamente perché mi ha fatto riflettere tutto il giorno sulle mie scelte di vita. Ho molte considerazioni sul tema, e spero di poterti esporre tutto con chiarezza. Inoltre, se hai altri dubbi, magari possiamo fare una videochiamata in questi

Yoga, casa, scrittura e altre storie

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 Oggi è lo Yoga Day, nonché il Solstizio d'estate. In questo preciso istante in cui sto scrivendo, entriamo ufficialmente nella stagione estiva. Per me è una ricorrenza molto importante, per vari motivi, uno dei quali è che nei momenti di difficoltà, penso al fatto che "arriverà una stagione migliore", e infine, la stagione migliore arriva sempre, il sole risorge ogni giorno, e ogni ciclo ci insegna qualcosa. Nel post precedente  vi parlavo di come questi 9 mesi a Padova mi hanno trasformata, e di tutto ciò che è successo. Tra le altre cose, ho pubblicato due corsi online di Yoga su Udemy (che sono gratis per 5 giorni, per celebrare questa ricorrenza, Yoga per la creatività --> iscriviti gratis qui  e 4-Weeks Yoga Challenge --> iscriviti gratis qui ). Lo Yoga mi ha intensamente accompagnata in questi anni (pratico dal 2014) e nel 2020 ho deciso di "chiudere il cerchio" (chiudere un bel niente perchè ne ho aperto uno ancora più grande, in realtà) prendendo

279 giorni, 39 settimane, 9 mesi

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Quasi come un parto no? Sono quasi esattamente nove mesi che sono a Padova. E in poco meno di tre mesi, avevo già capito di volerci rimanere. E così sono qui. In nove mesi mi sono partorita una vita nuova, di sui sento il bisogno di fare un bilancio. E ho iniziato a scriverlo da qui, dal mio nuovo ufficio, sulla mia nuova scrivania, in compagnia dei miei nuovi colleghi. Alla mia prima settimana, del mio nuovo lavoro. Suona bene, no? Continuo a scriverlo alle 5:28 del mattino di domenica, mentre guardo l'alba e mentre mr. Risotto dorme ancora di là, nella casa in cui ho fatto il terzo trasloco in 7 mesi, anche questo suona bene, no? -Piccolo spoiler, ce ne sarà un quarto, e poi magari basta, visto che traslocare non è un hobby, anche se nella mia vita lo sembra. Qua a Padova mi è successo di tutto da Settembre 2021 ad adesso. Sia di bello, sia di meno bello. Ho imparato a dare valore e priorità alle cose giuste, e ho capito tanto di me, più di quanto credevo sarei potuta crescere, i

Il dilemma del risotto

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Andrò dritta al punto, mi piace il risotto. Ma non è il mio piatto preferito. Con l'impossibilità di decidere in cui mi ritrovo immersa, non ve lo so dire quale sia il mio piatto preferito. Questo nuovo post non parlerà né di ricette di risotti, né di come io abbia imparato a fare il risotto osservando altre persone fare il risotto per anni, né parlerò del fatto che ho preparato il mio primo risotto da sola a gennaio 2022, e da allora è diventata una specie di dipendenza. Tra l'altro, ho un problema con i formaggi che sanno troppo di formaggio, quindi, quando ero più giovane, non apprezzavo la mantecatura del risotto, e mia madre tirava fuori un piatto per me prima di mantecare; che stolta che sono stata in gioventù. Poi per fortuna sono cresciuta, e ho imparato ad apprezzare le cose belle della vita. In ogni caso, sembrerà strano ma il dilemma del risotto è una teoria filosofica. Forse spiegherò anche da cosa deriva il nome, o forse no, vediamo come procede il flusso di pensi

Mercurio Retrogrado, capelli da dea e altre catene

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 Gennaio nero è finito, e insieme a lui se n'è andato anche Mercurio Retrogrado, che poi chi se ne frega di Mercurio Retrogrado, ma che bello avere un guilty pleasure a cui appellarsi quando tutto finisce nel catrame. Febbraio è iniziato tardi, e ovviamente, come sempre sono stata travolta da un'onda di eventi, che mi hanno fatta svegliare. Mi hanno svegliata tardi e intorpidita, ma mi hanno svegliata. Ho visto alti angoli e altre prospettive, e non l'ho fatto di proposito, è successo e basta. Sono un po' stufa della sensazione che la vita mi succeda e basta. Ma è anche confortante sapere di potersi abbandonare agli eventi, ogni tanto, e solo quel tanto che basta per lasciare andare i tormenti. Mi da la stessa sensazione dei treni che passano in stazione, quando rimango inerme sulla banchina ad aspettare di prendere il mio, ma intanto ne passa un altro, veloce, imperterrito, che so che non si fermerà; quello va, ed io sono lì a sentire lo spostamento d'aria, la leg

Sto male.

 Torno a Genova e torna la mia voglia di morire. Sono quattro giorni che ho l'emicrania. Mi sto rifugiando in una serie di libri. Del resto ho un'intera libreria con tutti i miei amati libri, qui a Genova. Morirò a Padova, senza poter consultare tutti i miei libri, senza poterli sfogliare e annusare. Soffro lontana dai miei libri e dai miei taccuini. Soffro. Soffro lontana e soffro vicina. La mia sofferenza non ha inizio e non ha fine. Leggo i diari di Sylvia Plath, trovo ispirazione, mi ritrovo nelle sue parole e nel suo tormento, ma mi sento una spia. Sysvia Plath avrà voluto che i suoi diari un giorno fossero pubblicati? Ed io un giorno vorrò che l'immenso fiume di parole che scrivo da che ho imparato a tenere in mano una penna, venga divorato dal pubblico dominio? Non lo so. Sono tormentata. E rammaricata. Mi rammarica aver distrutto i miei scritti infantili di sofferenza. Me ne vergognavo. E ne avevo paura. Li ho distrutti per salvaguardarmi, ma avrei dovuto salvaguard

stanca e stufa (se il buongiorno si vede dal mattino...)

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 Come al solito torno a scrivere mentre sono in treno. Sono in treno talmente tante volte, che la mia raccolta punti di Trenitalia sta decollando,  Ho completato il decimo trasloco della mia vita domenica scorsa, e ora ad una settimana esatta, sto tornando a Genova, purtroppo per una situazione di emergenza, in cui la mia presenza è indispensabile. Anche se sono combattuta. E avrei preferito non doverci essere. Domenica scorsa appena aperti gli occhi ho pensato "non voglio andare a Padova, non ho voglia di prendere il treno, non ho voglia dell'ennesimo trasloco", e stamattina ho riaperti gli occhi con la stessa sensazione, con gli stessi pensieri "non voglio tornare a Genova, non voglio prendere l'ennesimo treno". E così ho procrastinato il momento di alzarmi davvero tanto, ad un orario davvero imbarazzante, in cui ho avuto solo poche ore di tempo in cui dovevo necessariamente pensare ad organizzarmi per il viaggio e poco altro. Il nuovo appartamento in cui