Dottorato di ricerca per sport

 Mi sono resa conto che sono molto più brava nei miei compiti secondari in azienda, rispetto alle competenze tecnico-scientifiche che ho. In pratica, sono molto più competente (e mi piace di più) fare il lavoro per cui non ho studiato.
E così, lavandomi le mani poco fa, mi sono resa conto che forse un dottorato di ricerca io me solo sono presa unicamente per sport. Uno sport un po' estremo, forse.
Cosa significa, quindi, questo titolo?
Che ho devoluto anni di sacrificio e cervello a qualcosa che non mi soddisfa appieno. Ma questo è il dark side. Credo, soprattutto, che questi 10 anni passati in università mi abbiano regalato l'opportunità di elevarmi culturalmente, di imparare un metodo, di imparare incondizionatamente, mi hanno insegnato l'amore per la scienza, per il perchè e mi hanno insegnato la fiducia nei dati, nell'analisi, nell'evidenza scientifica. Rettifico; non mi è stato regalato nulla. Ciascuna di queste cose in elenco, me le sono conquistate. Con anni di studio, rotture di palle, relazioni difficili con i professori, relazioni difficili con alcune formule, che non ho mai imparato. Anni in cui mi sono liberata, in cui sono cresciuta.
Fare il dottorato mi ha solo dato il colpo di grazia, un dottorato per sport, perchè forse il dottorato stesso mi ha fatto capire che correre la maratona della vita ha più senso se lo si fa con i giusti mezzi, e con il giusto mood. E quindi mi ritrovo qui a pensare a che cosa stradiamine voglio dalla vita, ancora una volta.
Non l'ho mai saputo, ma sono sempre partita dal perchè.
Non ho voglia di linkarvi cose, ma sul mio canale youtube c'è anche un lungo video sul perchè ho scelto di fare un dottorato. Non ho mai avuto il coraggio di riguardarlo dall'inizio alla fine.

E va bene dai, ve lo appiccico qui:


Fatto sta che adesso, dopo mille peripezie, e alla fine del percorso, sento di non sapere più niente, e la dannata sindrome dell'impostore mi porta a chiedermi se non sia tutto un gigantesco colpo di culo. Insomma, io ero quella che alla triennale sosteneva di voler finire in fretta per iscriversi al corso di laurea in Filosofia. Ero quella che prendeva gli appunti per inerzia, che non capiva niente, ma che testarda e inarrestabile si sedeva in prima fila a scrivere e scrivere pagine di quaderni che ora sono lacerati da quanto sono stati studiati. Quel poco che so, ho sudato tanto per impararlo.
E la scienza mi pesava, mi aveva deluso, non credevo fosse così difficile. Avevo tutta un'idea mia (e sbagliata) su come sarebbe stata l'università, e soprattutto, uscita dal Liceo Artistico, credo fosse molto di più una sfida con me stessa studiare qualcosa di scientifico piuttosto che fare la scelta più ovvia, e finire a Storia dell'Arte o all'Accademia. Eppure questa slinding door mi manca. Vorrei frequentare l'Accademia di Belle Arti, un giga Liceo Artistico mascherato dda università. Mi piacerebbe moltissimo, giusto per non cadere nell'angoscia della scelta, nel dubbio non sceglierei.
Ad ogni modo, la verità è che non mi sono mai sentita abbastanza brava nemmeno per il mondo artistico. Dopo anni e anni della mia vita in cui mi sono sempre sentita dire che avrei potuto fare tutto, perchè ero brava in tutto, non mi è stato mai insegnato a scegliere il meglio.
E così, forse, scegliere di studiare qualcosa di scientifico (ma che ritenevo abbastanza artistico da non intrappolarmi troppo), mi è sembrato per un attimo il meglio per me, e poi arrivare fino al più alto titolo di studi accademico nella stessa materia, forse è un po' eccessivo; ma se Carlotta fa una cosa, si sente in dovere di farla come si deve, giusto?

E così questiono ancora il mio presente, e anche il mio futuro, cercando l'importanza delle cose, cullandomi nell'importanza che do alle persone. Mi dondolo con divertimento tra questo e quell'altro, con qualche breve ma intensa pausa di distrazione. E poi le mille attività secondarie. le mille idee che percorrono la mia mente, e che purtroppo ultimamente non sto riuscendo a concretizzare come vorrei.
Vorrei una bussola, uno strumento che mi indichi almeno una direzione. Ma infine, credo non mi interessi moltissimo della direzione che devo prendere, sono molto più interessata alla possibilità che le direzioni siano infinite e che io possa esplorarle tutte come mi pare.
Ma mi sento limitata. Poco spazio in questo mondo, poco tempo in questo giorno, troppe distrazioni a questo schermo.

E quindi, forse sì, si può prendere un dottorato di ricerca così, per sport, per interesse personale, o semplicemente per sentirsi migliori. Si può fare, e in fin dei conti a me non è -forse- dispiaciuto poi così tanto. Non credo di aver perso tempo, solo perchè mi sono sempre dedicata anche ad altro e non ho lasciato che la mia vita fosse interamente monopolizzata da quel foglio di carta.

Sono serena? Non riesco, non riesco a capire. Perchè l'irrequietezza continua a muovermi un po' ovunque, come se fossi in balìa delle onde, e ancora una volta, mi lascio cullare e nuoto pigramente.
Un'onda.
Vorrei.
Mi.
Travolgesse.


Photo by Anastasia Taioglou on Unsplash



Commenti

  1. Certo prima non si può sapere se la strada porterà a qualcosa o si perderà nel bosco. Ma è comunque tutto cibo per far crescere il cervello e l'anima. Fosse anche solo per la soddisfazione di dire "ce l'ho fatta". Mica poco, eh?

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    1. E' difficilissimo fermarsi a contemplare cosa di bello abbiamo realizzato, ma necessario. "Ce l'ho fatta" significherebbe ammettere a me stessa che qualcosa di buono ce l'ho, ma la mia sindrome dell'impostore rema contro, mannaggia a lei.

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  2. capisco la tua irrequietezza..non c'è posto che ci faccia stare serene. assurdo.

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    1. Secondo te perchè viviamo con questa eterna insoddisfazione? Da quando sono bambina sono "l'incontentabile". Ho sempre fame di qualcosa, e non mi fermo mai a contemplare. Ma poi, cos'è la serenità?

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