Il dilemma del risotto

Andrò dritta al punto, mi piace il risotto. Ma non è il mio piatto preferito. Con l'impossibilità di decidere in cui mi ritrovo immersa, non ve lo so dire quale sia il mio piatto preferito. Questo nuovo post non parlerà né di ricette di risotti, né di come io abbia imparato a fare il risotto osservando altre persone fare il risotto per anni, né parlerò del fatto che ho preparato il mio primo risotto da sola a gennaio 2022, e da allora è diventata una specie di dipendenza. Tra l'altro, ho un problema con i formaggi che sanno troppo di formaggio, quindi, quando ero più giovane, non apprezzavo la mantecatura del risotto, e mia madre tirava fuori un piatto per me prima di mantecare; che stolta che sono stata in gioventù. Poi per fortuna sono cresciuta, e ho imparato ad apprezzare le cose belle della vita.

In ogni caso, sembrerà strano ma il dilemma del risotto è una teoria filosofica. Forse spiegherò anche da cosa deriva il nome, o forse no, vediamo come procede il flusso di pensieri.

Il dilemma del risotto può riassumere bene tutte quelle situazioni scomode in cui dobbiamo assumerci dei rischi, e non sappiamo assolutamente in che modo calcolarli. Sono due anni che siamo in pandemia, e sembra che non abbiamo ancora imparato. Sembra che sia impossibile essere in pace con le scelte che prendiamo e con i rischi che ci assumiamo. Ma perché? Credo abbia a che fare con il terrorismo psicologico che subiamo da ben due anni. Il linguaggio dei media in questi due anni è stato variegato, allarmistico, e mai puramente divulgativo; ma questo purtroppo è un problema intrinseco del giornalismo italiano. Tra l'altro, ve le ricordate le metafore con la guerra? Ora che la guerra c'è davvero, ma c'è anche la pandemia, cosa dobbiamo combattere per prima?
Avendo vissuto gran parte della situazione pandemica in Portogallo, sono riuscita a confrontare molto bene gli stili di comunicazione, le reazioni della popolazione e soprattutto il cambio drastico nei miei stati d'animo quando mi sono trasferita nuovamente in Italia d'estate.
In Portogallo mi sono sempre sentita al sicuro, per esempio. In Italia no. A partire dal comportamento delle persone, e finendo con le decisioni del governo (su cui non mi addentrerò nello specifico, perché non ne vale la pena). In Italia, la pace interiore che avevo trovato nonostante la pandemia, ha iniziato a vacillare molto rapidamente, lasciandomi sgradevoli sensazioni di incertezza, che in ultima analisi, mi hanno portata al dilemma del risotto.
Mentre in Portogallo mi veniva molto più semplice pensare con lucidità al fatto che i rischi si sommano tra loro, e quindi definire con chiarezza i confini dei rischi che volevo assumermi in virtù del ritorno a una nuova normalità (che espressione opprimente), qui in Italia -per dirlo alla Ferrante- tutto si è smarginato, e lasciandomi guidare sempre di più da paure, paranoie, e a volte anche dal menefreghismo, ho disimparato a prendere decisioni.

Si è creato un nodo nella mia esistenza, un nodo che riesco difficilmente a sciogliere, e che va molto al di là della pandemia. Infatti il dilemma del risotto non riguarda strettamente la situazione pandemica, ma credo si possa allargare alla condizione umana tipica del non riuscire a decidere, all'angoscia della scelta. Diciamo che in modo più fine, efficace e strutturato ne ha già parlato qualcun altro, tipo Kierkegaard nel suo aut-aut, ma essendo un'opera datata 1843, direi che per quanto attuale, una versione semplificata e più accessibile potrebbe essere utile.

E quindi tutto questo pippotto, per raccontare che la condizione di incertezza di questi tempi, ha bloccato la mia capacità di decidere cose. Ma qualsiasi cosa. Il che va molto in contrasto con la mia personalità. Sono sempre stata molto determinata, mi sono sempre presa ciò che volevo, ma forse solo perché sapevo esattamente cosa volevo. Poi è arrivato un momento -che non so bene dove collocare nel tempo e nello spazio- in cui ho iniziato a dubitare di tutto quanto. Ho iniziato persino a dubitare di aver voluto tutte le cose che ho voluto in passato. Una follia. In cui sono ancora immersa. La sto capendo a posteriori, e grazie a piccole cose di tutti i giorni.

Per uscire da questa specie di paralisi, mi sono imposta degli esercizi. Alcuni di questi consistono, per esempio, nell'obbligarmi a decidere entro tot tempo (pochi minuti) cosa mettere nel carrello al supermercato (dio che sofferenza fare la spesa quando uno vive in costante dilemma con l'esistenza!), oppure non guardare nessun film o serie tv se per scegliere cosa guardare sto impiegando più di 10 minuti netti (se volete fare un detox da Netflix o scoprire cose da guardare nuove fuori dalla zona di comfort, funziona tantissimo questo metodo), o ancora, generalizzando un pochino, decido di scegliere l'opzione più semplice quando quelle troppo complicate stanno facendomi perdere troppo tempo. E ovviamente, una grande parte dell'esercizio consiste anche nel non dire no o si a prescindere, entrambe risposte molto gettonate per una che si potrebbe definire uno "yes man" (beh woman), ma nello stesso tempo, ultimamente, è come se avesse paura di vivere.

Insomma, il dilemma del risotto potrebbe anche solo riassumersi in un semplice stimolo a quantificare la paura di vivere che ci attanaglia. Si ma cosa c'entra il risotto?

Bene, sempre collegandomi agli esercizi per prendere decisioni rapide e sensate, ho deciso per l'ennesima volta nella mia vita di usare Tinder. Ora, usare Tinder, non mi entusiasma, ogni volta che riattivo il profilo, duro una media di 12-13h prima di disattivarlo. Ma durante le feste, tra noia e volontà di crescita personale, ho deciso di impegnarmi ad usarlo con criterio. Stare su Tinder è come stare al supermercato, e se sei una donna, non infili nel carrello tutto, sapendo che dall'altro lato gli uomini sono molto meno selettivi, e rischi di trovarti il cellulare intasato di notifiche -io odio le notifiche.
Così mi sono data dei parametri più o meno sempre fissi per mettere like -poi un giorno parlo anche della malattia mentale che mi spinge a ingegnerizzare qualsiasi aspetto della mia vita, ma per il momento è irrilevante, ricordiamoci che l'obiettivo è decidere rapidamente.
Tali criteri comunque sono abbastanza semplici e sensati, l'unico che ammetto essere un po' strano è non mettere like a chi dichiara apertamente di amare i cani, o che ha foto di cani, o che ha foto con cani, o che nella bio parla del proprio cane. Questo criterio fa parte di un'altra mia teoria filosofica, ma ne parlo un'altra volta, che questo post si sta già allungando troppo.
Va beh, per farla corta, ho un match con un tizio carino, che nella bio aveva scritto di essere "mago del risotto", e quindi l'audace Carlotta che c'è in me ha deciso (wowow ha preso una decisione, incredibile!), e ha scritto a Mr. Risotto chiedendo che risotto le avrebbe preparato quella sera. La risposta è stato un autoinvito a casa mia, che ho declinato. Ma comunque avevamo deciso di vederci lo stesso, ma dopo cena. Mi sono fatta carina, ho deciso (che stress tutte quelle decisioni però) persino di mettere l'eyeliner, e poi... niente, 5 minuti prima di vederci mi da buca perché ha avuto contatti con positivi.
E io mi sono trovata tutta in tiro (ormai chi aveva voglia di cambiarsi e struccarsi?) a guardare "primo appuntamento" su real time e a commentarlo in diretta con una mia cara amica, a cui curiosamente quella sera era successa esattamente la stessa cosa che era successa a me: paccata all'ultimo per colpa del covid.
Insomma, bene ma non benissimo.
E quindi il dilemma del risotto nasce da qui. Invito o non invito a casa mia uno sconosciuto a prepararmi il risotto? Metto o non metto l'eyeliner? Esco o non esco con uno che ha avuto contatti con un positivo? No perché ora le regole sono cambiate, quindi se hai contatti ma hai 3 dosi, te la cavi con 10 giorni di ffp2. 

E qui il dilemma del risotto mi si allarga, il mio coinquilino è positivo, e il mio appartamento è molto piccolo. Io rimango negativa e imperterrita, però che palle. Quanti risotti ancora mi farà perdere questa pandemia?
Ma credo comunque che quest'ultima situazione stia dando un boost alla mia capacità di prendere decisioni, quindi dai, alla fine nemmeno tutto va così male.

La citazione che lascio alla fine di questo infinito post è: "mentre mangio cioccolata in un locale, mi percorre una vertigine sociale, mentre leggo uno stupido giornale, in città è scoppiata la guerra mondiale"


Maggio 2020 - una persona che mi voleva conquistare mi ha fatto un risotto fragole e menta.
Il resto è storia.





Commenti

  1. ...nn c'ho capito niente!
    😒😀😀😀

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    1. AHAHA io però ho cercato anche di immaginare cosa mi avrebbe suggerito lo zio Plinio. Zio Plinio suggerisce di berci su uno spritz (anche un paio) e poi rileggere 😀

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  2. ... io all'inizio ero attratto dal risotto, mi parevano tentacoli di polpo ...
    ... quando hai specificato che erano fragole e menta il "dilemma del risotto" l'ho risolto ...
    ... non mi piace ...

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    1. Eh va beh, a ciascuno il proprio risotto da conquista! Anche quello è un dilemma?

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