Sconfiggere l'alienazione

 La sensazione a cui non riuscivo a dare un nome, ha trovato il suo spazio e la sua espressione nella parola "Alienazione" - ma lasciatemi spiegare un po' meglio...

Ho difeso la mia tesi di dottorato il 28 settembre 2022 -finalmente, dopo lunga e penosa agonia durata ben 4 e passa anni della mia vita. Grande stress e grande nervosismo, un paio di crolli mentali. La difesa è durata 2h30, sono stata torturata da ogni singolo membro della commissione, but I'm still alive, anche se alla fine della difesa e alla proclamazione ho pianto. Piangere è self-care, mi ha detto qualcuno recentemente.
Piangere e avere crolli mentali non so quanto sia self-care più che self-distruction. Fatto sta che in seguito a grande stanchezza, grande esaurimento mentale, e grande confusione in ultima analisi, ho notato che qualcosa non andava (ah si?) - sospetto un burnout mai curato a sufficienza, mai recuperato del tutto, e ancora un po' bruciante, soprattutto a causa dei grandi cambiamenti che sono avvenuti nella mia vita, stravolgendola completamente nel giro di pochissimi mesi. Si, perché la mia vita è stravolta, in caso non si fosse capito. L'irrequietezza non ha più lasciato spazio al resto, con il risultato, tra settembre e ottobre, di darmi quella fastidiosa, tartassante e massacrante sensazione di non riuscire più a stare al passo con nulla che riguardasse la mia vita. Overwhelmed, sopraffatta, annegata, affannata. Finchè un giorno, come un'illuminazione divina non ho sentito chiara in mente la parola giusta: alienata. Lo diceva anche Marx che il lavoro ci aliena, il capitalismo ci aliena, la società ci aliena. Ed io, avendo identificato questa perdita di identità, ho deciso di staccare, di eliminare il rumore di fondo. Attualmente non mi troverete più su nessun social (tranne qui e sul mio canale YouTube). Un ottimo modo per eliminare questa confusione mentale è isolarsi dal rumore di fondo. Quindi, da una settimana tonda tonda, ho smesso di vivere in funzione del mostrare la mia vita e lo spiare quella degli altri. Mi sono resa conto che usavo quegli spazi online per crearmi uno spazio che sentivo di non avere più nella vita reale. Quando mi sono resa conto, per esempio, che facevo Yoga solo se valeva la pena accendere la videocamera e metterne il video su Instagram, allora ho capito di avere un problema. Un bel problema. Un grande problema. Un problema da non sottovalutare, e cercare di risolvere.

Inizia così il mio percorso per sconfiggere la sensazione di alienazione che è cresciuto esponenzialmente nel tempo, fino a portarmi a innumerevoli crolli mentali, nervosismo, e ansia in queste ultime settimane. Un crescendo di inquietudine e conflitti, che ora, piano piano, sto cercando di districare, praticando la contemplazione.
In effetti, mi fermo molto poco a contemplare i miei risultati, il mio successo, in generale la mia vita, i piccoli piaceri di cui godere, la gratitudine. Insomma, ho bisogno di riprendere un attimo in mano le redini del mio benessere, ma soprattutto della mia salute mentale.

Quando tutto si riduce a performance, a progetto, a personal branding, l'esistenza si svuota della sua essenza, la mia personalità si è svuotata dell'identità, e sono rimasta completamente vuota, solo con gli strascichi del catrame appiccicati alla mia pelle.
Ricoperta di pece.
Come se ormai tutto fosse solo un appiccicume di sensazioni di nervosismo, di sensazioni di morte imminente, di tachicardia. Come quando nei sogni vuoi compiere un'azione ma ti viene impedito, e ti senti paralizzata nella non-azione. Ecco, quella sensazione, ma trasposta nella vita reale. Incastrata in Km di coda sulla tangenziale per rientrare a Padova, incastrata nei piatti da lavare, nella routine stringente, incastrata nelle lenzuola sfatte del mio letto, incastrata nell'ansia di questo mondo che si sta sgretolando sotto i nostri occhi, incastrata nell'ansia sociale, nelle insicurezze, nell'invidia e forse nella gelosia (anche se non vorrò mai ammetterlo), incastrata e basta, in un buco senza uscita, in un buco senza spazio e senza aria da respirare.

Però, sto capendo come ricominciare a respirare, e lo sto facendo, sto cercando di eliminare il superfluo, ciò che mi succhia energia mentale, e sto cercando di tornare alla scrittura, alla lettura, al nutrimento dell'anima e dell'intelletto.
Vediamo come va.
Nella mia prima settimana senza social ho notato più produttività al lavoro (anche se oggi mica tanto), rinnovata creatività, e la voglia di introspezione si è tradotta in voglia di scrivere che si è persino concretizzata in azione.

E ora vorrei allenarmi alla contemplazione ancora un po', godermi un attimo tutto, senza affanno.

Inoltre, per quanto riguarda il discorso lavoro, mi metto in gioco trovando la gioia e mettendo l'entusiasmo in ciò che faccio. Perché se non li metto io, nessun altro lo farà al posto mio, risultando ancora una volta in sterili lamentele, stanchezza e fatica, e in ultima analisi solo la sensazione di alienazione. Perché poi, alla fine, il mio lavoro mi consente di dare un contributo positivo al mondo, e sono fortunata per questo, così come ne sono grata. Quindi, non è giusto vedere solo il negativo o il faticoso.

Che fatica, che sonno, ma proseguo. Dai che è lunedì, hai una splendida settimana davanti a te.



Commenti

  1. "Perché se non li metto io, nessun altro lo farà al posto mio" direi che in questa frase c'è praticamente tutto

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Si vero, arrivarci non è facile, ma quando l'ho realizzato, mi è cambiata moltissimo la prospettiva!

      Elimina

Posta un commento

ogni parola è un dono..ogni parola è una traccia. Grazie per il commento!

Altri post popolari sul blog

Ode alle patate fritte - Pablo Neruda

Pioggerellina di marzo - Angiolo Silvio Novaro

Il Papavero Rosso - Louise Glück

Addosso al viso mi cadono le notti - Patrizia Cavalli

Sei bella