La lezione della morte


La morte è una realtà onnipresente per noi, sia che vogliamo pensarci o meno.

È sempre lì, nel sottofondo delle nostre giornate.

Ne sentiamo parlare al telegiornale, ne sentiamo discutere tra i nostri conoscenti, ne sentiamo la presenza quando ci preoccupiamo della nostra stessa salute.

La morte è tra i meandri dei nostri pensieri anche quando semplicemente prestiamo attenzione per attraversare la strada.

Eppure ci spaventa prenderne consapevolezza. Ci spaventa parlarne. Ci spaventa farci i conti.

Preferiamo di gran lunga dedicare il nostro tempo e le nostre energie mentali al gossip, a futili liti e ai social media.

Non voglio certo suggerire che qualsiasi cosa pensiamo o facciamo debba essere profonda o solenne, ma contemplare la brevità della nostra vita può aiutarci ad avere una prospettiva diversa su come investiamo i nostri pensieri.

Ho detto "come" e non "cosa".

Più che l'oggetto della nostra attenzione, a contare infatti è la qualità della nostra attenzione.

È come ci sentiamo mentre svolgiamo queste attività (qualsiasi attività), perché in fondo nessuno di noi sa quanto tempo ha ancora a disposizione.

Prenderne coscienza ci dà chiarezza ed energia per vivere il momento presente, ma soprattutto ci fa smettere di soffrire per cose stupide.

Prendete ad esempio le arrabbiature nel traffico.

Sono forse la quintessenza dello spreco delle nostre energie mentali.

Siamo dietro al volante della nostra auto e qualcuno fa una manovra azzardata o semplicemente guida lentamente, e noi ci ritroviamo invasi dalla rabbia.

Se avessimo davvero consapevolezza della brevità della nostra vita, arrabbiarci per un episodio del genere ci apparirebbe subito per quel che è: un'assurdità.

Avere una profonda coscienza della morte, infatti, ci fa comprendere quanto prezioso sia ogni singolo istante, anche questo preciso instante mentre siamo alla guida.

Questo meraviglioso momento presente in cui siamo nel pieno delle nostre abilità e non in un letto di ospedale storditi dalla morfina.

Questo momento in cui il sole risplende in cielo o la pioggia cade leggera sul parabrezza della nostra auto, ed è tutto semplicemente perfetto.

Le persone che amiamo sono ancora vive e noi stiamo guidando.

Stiamo guidando lungo le strade di un paese civilizzato, un paese che non soffre per la fame o la guerra.

Magari stiamo sbrigando una banale commissione e la persona davanti a noi, di cui non conosciamo speranze o sofferenze (che potrebbero essere sorprendentemente simili alle nostre), sta semplicemente guidando con lentezza.

Questa è la nostra vita.

L'unica che ci è concessa. Non avremo mai questo momento indietro e non sappiamo quanti di questi momenti potremo ancora vivere. Non importa quante volte abbiamo ripetuto una determinata azione, arriverà un giorno in cui la faremo per l'ultima volta.

Ogni singolo istante è dunque un'opportunità per tornare ad innamorarci della nostra esistenza, e allora perché non rilassarci e goderci la nostra vita?

Rilassiamoci, sul serio.

Anche nel mezzo delle difficoltà. Anche mentre stiamo lavorando duramente. Anche nei periodi di incertezza.

Siamo in un gioco in questo momento e non possiamo vedere il timer, quindi non sappiamo quanto tempo ancora abbiamo per giocare.

Eppure abbiamo la possibilità di rendere questo gioco estremamente interessante.

Possiamo addirittura cambiare le regole.

Possiamo scoprire nuovi modi di giocare a cui nessuno aveva ancora pensato, possiamo giocare in modi che finora sono stati considerati impossibili.

Ma qualsiasi cosa scegliamo di fare, per quanto ordinaria possa sembrare, possiamo apprezzare la rarità di ogni singolo istante della nostra vita.

E la consapevolezza della morte è la strada maestra per vivere la nostra esistenza con questo spirito.

-Sam Harris

Commenti

  1. Ciao Carlotta, spero che tu stia bene. Volevo chiederti: te, che idea, pensiero hai della morte? Attendo la risposa; muoio dalla curiosità di sapere il tuo punto di vista. Detto questo, ti auguro tutto l'amore dell'universo.

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    1. Ciao :) Dunque, io per risolvere questa questione, anni fa ho fatto volontariato con i malati terminali (sotto il tag 'hospice' trovi i post riferiti a quel periodo). E oltre ad essere stata un'esperienza che umanamente mi ha riempita in una maniera incredibile, mi ha anche aiutato a capire.... indovina? un bel niente.
      O meglio, ho capito che sul letto di morte molti hanno rimorsi e rimpianti vari, che molti riescono ad accogliere con serenità la morte, ma che molti altri non la accettano e muoiono in preda ad atroci sofferenze, proprio perchè oltre al loro corpo è tormentata anche la loro mente. Ho anche scoperto che la morte è una questione psicosomatica, e che se ti lasci andare ci metti meno di 48 ore a morire, anche se le tue condizioni fisiche erano meravigliose. E ultima, ma non per importanza, il primo malato terminale con cui sono venuta a contatto mi ha detto una frase che mai scorderò: "per risorgere bisogna prima morire".
      Dunque, la morte è aprte della vita. Lo spavento è dato dal fatto che incorrono mille dubbi, senza sapere se dopo c'è davvero qualcosa, ed è terribile. La tua domanda mi colpisce particolarmente, perchè ultimamente ho pensieri del genere, quasi di terrore dell'addormentarmi senza più svegliarmi. La paura comune riguardo alla morte è quella di morire anche nei ricordi degli altri, di essere passati nel mondo senza aver lasciato nemmeno una piccola traccia, nell'aver sempre vissuto a metà.
      Quando sento queste paure, penso al 'quadrifarmaco' di Epicuro: quando la morte sopraggiungerà, io non ci sarò e non avrò coscienza per accorgermene.
      Una sorta di: finchè ci sono bene, quando non ci sono amen.
      Penso che la vita debba essere vissuta appieno, in modo da arrivare con serenità al proprio destino. Sono molto fatalista, e so che quando arriva la tua ora, che sia domani o tra cento anni, non puoi proprio farci nulla. Per cui, perchè angosciarsi?
      L'importante è rendersi conto della direzione che sta prendendo la nostra vita, capire, per esempio, se scoprissi di morire tra poco tempo, faresti ciò che stai facendo ora per il tempo che ti rimarrebbe? Se la risposta è no, significa che non lavori abbastanza per ciò che vuoi. Che ne pensi tu? Un abbraccio grande

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  2. Ciao Carlotta: "per risorgere bisogna prima morire", frase che può avere mille significati e interpretazioni; concordo con questa frase, ma, dipende sempre cosa uno intende dire.
    Che ne penso io? Ho scritto un pensiero dal titolo" MORTE COME FINE?" Mi sono interrogato su questo tema da "appassionato di filosofia", ma prima di tutto da essere umano terrestre, chiedendomi se veramente la morte possa essere la fine, e se lo è, cos'è che finisce? perché abbiamo paura di morire?

    Piccolo estratto dal my pensiero: "Perché abbiamo paura di morire? Non è tanto la paura di morire, ma più che altro, la paura di non esistere. La paura più grande dell'essere umano è di non esistere. Noi umani colleghiamo la morte alla fine della nostra esistenza: nascita come inizio; vivere come continuazione; morte come fine. Quando ci identifichiamo solo con la materia, quindi con il nostro corpo fisico, per esperienza e per ciò che percepiamo, crediamo di essere tutto lì. Questo pensiero ci spaventa molto,; l'idea che ad un certo punto non ci siamo più, ci provoca un malessere duro d'accettare, duro da concepire, duro d'affrontare. [...] L'essere umano inconsciamente sente di non essere così limitato. Lo sente senza essere pienamente cosciente che egli non è finito, che la propria volontà di esistere scaturisce da ogni minima parte di tutto ciò che è. Il proprio corpo, la propria mente e la propria anima, gridano la voglia di vivere ogni momento".

    Non condivido l'idea di nascere, fare quello che si può fare, avere ciò che si può avere, e poi finire lì. L'idea di poter vivere dopo la vita terrena, cioè di poter esistere dopo la vita terrena, nasce dal profondo del nostro inconscio. Questa sottile inconscia sensazione, si fa sentire in qualche modo e noi intuiamo che qualcosa al interno di noi stessi cerca di riemergere, ma c'è un problema: noi non l'ascoltiamo. Il nostro vero Sé ci sta comunicando una delle verità che è in ognuno di noi, ovvero: NOI SIAMO ETERNI; SIAMO IMMORTALI.

    La morte non esiste, per come la concepiscono i nostri limitati cinque sensi. Dietro a tutte le "verità superficiali", c'è ciò che c'è veramente: LA VITA.
    La morte, PARADOSSALMENTE, fa parte della vita. NULLA SI CREA, NULLA SI DISTRUGGE, MA TUTTO SI TRASFORMA.
    NON C'è Né INIZIO Né FINE, TUTTO CONTINUA.
    La fine di una forma X, è l'inizio di un'altra forma, ma non cambia la sostanza di cui era composta la forma X.
    La forma X ora è forma Y, la quale esiste da ciò che prima dava forma all'essere chiamato "forma X": LA SOSTANZA è SEMPRE QUELLA.
    "VIVETE SENZA IL TIMORE DI MORIRE, PERCHé NON POTETE. VIVETE NELLA GIOIA DI VIVERE, PERCHé E' QUELLO CHE SIETE SEMPRE STATI, CHE SIETE, E CHE SARETE SEMPRE".
    Questo, brevemente, è il mio pensiero su ciò che consideriamo con il termine "morte".
    So che è molto difficile da capire, da comprendere, e soprattutto d'accettare tale "punto di vista", il quale è fortemente rafforzato da una mia personale, e fin'ora unica, esperienza particolare, "fuori dal comune".

    Concordo con te: la vita va vissuta al massimo di ciò che si è, dando tutto ciò che sentiamo di poter essere, fare e avere. Poi si sa, prima o poi, la nostra esperienza termina, ma, per come so io, continua fino tanto che il nostro essere ha bisogno di sperimentare se stesso.
    Spero di sentirti presto in qualche altro commento che lascerò, man mano che leggerò il blog e su youtube :) Ti ringrazio e ti auguro tutto l'amore dell'universo


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