La bellezza salverà il mondo

Vi ho mai raccontato di come ho realizzato quale fosse la mia strada? Qui sul blog troverete IL perchè, ma non il come.
Il come è stato lungo e tortuoso, e sulla strada le persone contro di me erano tante. Non intendo 'contro' nel senso di nemici, intendo solo che non erano d'accordo con le mie scelte, che non le ritenevano furbe, o adatte a me.
Sono sempre stata una brava studentessa, brava in tutto. Non c'erano materie in cui zoppicavo più di altre, e quando i voti calavano era solo perchè avevo mollato un po' la presa: mai nulla di irrecuperabile.
E così alle medie, nelle mille giornate di orientamento che vengono proposte, il risultato era soltanto una gran confusione. C'erano mille cose che avevo considerato, tranne quella che alla fine ho scelto
In quel periodo della mia vita, non sapevo assolutamente cosa volessi dal mio futuro, ma nemmeno dal mio presente. E' il periodo in cui ho iniziato a ribellarmi, a scontrarmi con i miei, a fare cavolate tipo bossare scuola e fumare la mia prima sigaretta. Si, un po' precoce. Ma era come se la mia testa corresse più veloce di me; non sapevo assolutamente come fermare quella marea di pensieri, ma l'ho sempre incanalata scrivendo, disegnando, iniziando a fare sculture. Ma non era abbastanza. Non mi sentivo mai soddisfatta, mai capita, mai abbastanza. E così è iniziato anche il mio autolesionismo, in varie forme, non solo quelle visibili ancora oggi agli occhi di tutti, sui miei polsi.
Se dovessi riassumere quegli anni con una sola frase, sceglierei "I don't know what I want, but I know how to get it!" che è anche un pezzo di Anarchy for the UK dei Sex Pistols; si, perchè quel periodo è stato anche il periodo dell'approccio a musiche un po' più alternative, che rispecchiavano abbastanza la rabbia, l'insoddisfazione e la follia che mi portavo dentro, e che non riuscivo a tirare fuori in nessun modo.
Quell'anno lì ho anche iniziato anche la mia psicoterapia, interrottasi bruscamente, e non per mia volontà, circa un anno e mezzo dopo. Ma questa è un'altra storia, che non vi ho mai raccontato, e che forse un giorno prenderò il coraggio di raccontare davvero.
I professori a scuola non mi aiutavano un granchè. La professoressa di matematica credeva fermamente che avessi dovuto scegliere il liceo scientifico, quella di italiano il classico o lo psicopedagogico, quelle di inglese e francese mi volevano al linguistico. Quella di arte era troppo fuori di testa per poter dare consigli, ma probabilmente anche lei ha espresso la sua opinione consigliandomi il liceo artistico. E poi i genitori. Santo cielo i genitori, mio padre voleva che facessi una scuola militare -proprio quell'anno la Nunziatella aveva aperto le porte per la prima volta alle donne-, o che diventassi un pilota di aerei, o nel dubbio che facessi lo scientifico. La mamma mi vedeva al classico perchè secondo lei sono una grande scrittrice. La nonna sosteneva che nella vita avrei dovuto indossare una divisa. E il gatto era l'unico personaggio discreto che diceva solo 'miao' e non cercava di scrivere sul libro della storia infinita tutta quanta la mia vita futura.
Insomma, avevo tante pressioni dall'esterno che alla fine ho deciso la cosa meno ovvia per tutti: istituto tecnico commerciale.
Ora.. chi mi conosce un pochino, può ben capire che non poteva essere la mia strada. Sette ore di diritto alla settimana, altrettante di economia e nessuno spazio alla mia personalità.
Non mi dilungherò tanto nello spiegare le motivazioni di questa prima scelta, fondamentalmente perchè i motivi non li so nemmeno io. Posso supporre solo, col senno di poi, che io l'abbia fatto perchè mi sembrava la scelta più originale e meno imposta dall'esterno. Con quella scelta avevo abbastanza deluso le aspettative di tutti, ma non quanto ho fatto dopo.
Poi beh, l'istituto era molto bello, grandissimo, aveva anche una bella fama, era vicino casa, e alcuni compagni delle medie andavano anche loro in quella scuola, quindi era persino divertente l'idea di andare a scuola al mattino tutti insieme, a piedi. Che bello, mi ricordo con nostalgia le corse folli con la Ale, che veniva a suonarmi a casa 5 minuti prima del suono della campanella, e io benchè lo sapessi, continuavo ogni mattina a non essere pronta per uscire quando lei citofonava.
Ad ogni modo, la sfiga ha voluto che io finissi nella classe più tranquilla dell'istituto. Sono sempre stata in classi ultra casiniste, e per me era veramente strano ritrovarmi con persone tranquille.
Mi piacevano i miei compagni di classe, alcuni di loro erano amici d'infanzia ritrovati, e con alcuni ho costruito rapporti d'amicizia bellissimi (tipo Mirela, ma questa è un'altra storia!). Eravamo un bel gruppo, e alla fine non ci ho messo tanto ad adeguami a loro, e a diventare a mia volta una studentessa tranquilla.
Ma questa tranquillità ha iniziato a vacillare. Nonostante non andassi per niente male, l'insoddisfazione iniziava a colpirmi. Circa dopo due mesi dall'inizio della scuola ho iniziato a manifestare questa insoddisfazione. Non riesco a trovare un momento preciso nel quale l'ho sentita crescere, ma ricordo come sia germogliata e quanta determinazione mi abbia dato. E' stata forse la prima volta in assoluto che l'irrequietezza mi ha portata verso qualcosa.
E così ho iniziato a dire ai miei genitori che volevo cambiare scuola, che sentivo che quella non era la mia strada. Penso che in questo passaggio sia stato determinante l'aiuto dello psicologo, che mi ha fatto realizzare che non dovevo rimanere incastrata in qualcosa che non volevo e che non mi piaceva, solo perchè era quello che si aspettavano tutti. Mi ha aiutata a realizzare che non è detto che tutto ciò che inizi lo devi finire per forza, anche se ti fa lentamente morire dentro. E cosa più importante, mi ha aiutata a reperire le informazioni per cambiare scuola, facendomi realizzare che potevo anche non aspettare che l'anno scolastico finisse. Il consiglio ovvio che mi davano tutti, tranne lui, era quello di vedere cosa succede arrivando alla fine dell'anno. Col senno di poi posso tranquillamente affermare che volessero che finissi l'anno al Majorana solo per vedermi desistere, cambiare idea e farmi seguire come si deve il percorso che avevo scelto. Però c'era un'estrema freddezza in tutto ciò: l'idea gelida del costringere una persona a pagare un'errore per la propria vita. Detto così sembra un po' estremizzato, e mancano tutti i pezzi del puzzle per capire cosa intendo, ma in poche parole, altre esperienze successive, mi hanno fatto capire di come l'educazione dei miei genitori fosse improntata solo sul punire, solo sul dire 'hai fatto questo, ora la paghi per sempre, così impari a decidere meglio', senza concedermi quindi la possibilità di sbagliare per imparare. Odio questa concezione, sono convinta che se si sbaglia strada, o semplicemente se si decide di cambiare percorso, nessuno dovrebbe costringerti a rimanere nel vecchio sentiero; il mondo è grande, va esplorato, e se si segue un solo cammino con i paraocchi, ci si perde tutta la bellezza del paesaggio, e tutta la bellezza della libertà.
Ci sono due eventi scatenanti che mi hanno portata a capire che stavo morendo dentro in quel posto. Il primo era stato a lezione di matematica. Mentre prendevo appunti, spesso disegnavo. Lo faccio ancora, fa parte di me, ho bisogno di disegnare in qualsiasi superficie disponibile e qualsiasi cosa stia facendo. I professori delle medie ormai si erano abituati, ma quelli delle superiori non mi conoscevano ancora, e scambiavano questo mio modo di esprimermi con disattenzione e disinteresse. Dopo quella lezione avevamo ricreazione, e poi un'altra ora di matematica. A ricreazione sono uscita fuori dalla classe. Al mio rientro ho trovato sul quaderno uno nota della professoressa, proprio vicino a un disegno che avevo fatto poco prima mentre prendevo appunti. Ero arrabbiata. Primariamente perchè la prof aveva aperto il mio quaderno senza chiedermelo, e mentre io non ero presente, e secondariamente perchè avevo 8 di matematica, e quindi anche se disegnavo sul quaderno, a lei cosa importava? Ho avuto una piccola discussione con lei, ma si è risolto tutto, anche perchè il suo intento era punirmi facendolo sapere ai miei genitori...ma loro mi conoscono bene, e sapevano bene che ho una cosa che ho sempre fatto. Non potete immaginare l'imbarazzo e la sensazione di inadeguatezza che ho provato quando i miei sono dovuti andare ad un colloquio a spiegare alla prof che ero in grado di fare le due cose contemporaneamente, e che qualsiasi cosa avesse fatto non avrei comunque smesso di disegnare ovunque mi paresse.
Il secondo episodio che mi ha risvegliata, è stato l'essere stata iscritta (a mia insaputa, e senza il mio consenso, o quantomeno il mio parere) alle olimpiadi della matematica, da questa prof.
Mi lusingava tantissimo essere stata scelta perchè ero la migliore in matematica nella mia classe; ma semplicemente non faceva per me. Non ero abbastanza nerd per fare una competizione del genere, e in più a me la matematica non piaceva nemmeno poi così tanto. Ovviamente non presentandomi agli incontri della squadra ho attirato l'ira funesta della professoressa, e inevitabilmente la mia media è scesa dall'8 al 4. Ovviamente protestare non serviva a nulla, così ho tentato di passare con indifferenza sopra all'accaduto, sperando in qualche modo di rimediare all'odio suscitato nella prof. di matematica, che peraltro oltre ad essere la prof di matematica, era pure la vice preside, quindi essere in contrasto con lei, decisamente no, non era un'idea furba.
Mi sono resa conto di essere fuori posto. Mi ero resa conto che non me ne fregava nulla di quella scuola, che non mi piaceva nemmeno così tanto l'ambiente, che mi sentivo poco soddisfatta e molto soffocata.
Quando ho iniziato a manifestare la voglia di andare al liceo artistico, le reazioni sono state brutte, molto brutte. Mio padre ha iniziato a dire che da grande sarei stata una tossica disoccupata. Mia madre si appellava al lato economico, dicendo che non potevano pagare per dei libri nuovi, e che in futuro non avrebbero potuto permettersi di spendere troppi soldi per una di quelle costosissime accademie di belle arti. E così, le risposte che ho ricevuto sono stati il mantra di mio padre "o fai come dico io, o non me ne frega nulla", e quello di mia madre "ah, arrangiati!" (con un'inflessione particolarmente irritante, che ogni volta che mi viene in mente, mi fa provare la stessa rabbia, dovrei mettervi un audio per farvi capire a cosa mi riferisco, mannaggia che fastidio!). E va beh, benchè mi sentissi tanto artista, ho avuto un approccio al problema molto scientifico. Primariamente mi sono informata sui giorni di open day del liceo che volevo frequentare, e ci sono andata per farmi un'idea di come sarebbe stato. Inutile dire che ero completamente estasiata. Mi chiedevo perchè non fossi già lì. Mi sentivo a casa, non vedevo l'ora di tornarci ogni giorno della mia vita.
Secondariamente sono andata a parlare con il preside della scuola che già frequentavo, per informarmi sulla procedura da fare per cambiare scuola. Il preside era una persona fantastica, molto comprensiva, e molto intelligente, nonchè simpatico e capace di sdrammatizzare qualsiasi situazione. E in effetti ai miei occhi la mia situazione sembrava un completo disastro, senza il sostegno di nessuno. La sua risposta è stata una risata accompagnata da "sei l'unica Carlotta dell'istituto, non possiamo perderti! Sei sicura della tua scelta?" si, ne ero sicura. Ne ero dannatamente sicura. E se ne è convinto anche lui; la prima persona che mi ha fatta sentire capita in quella situazione. Mi ha detto che sua cugina insegnava storia dell'arte in quel liceo, mi ha detto di parlare con lei per qualsiasi cosa avessi bisogno, dopo di che ha firmato i documenti di nulla osta per il cambio scuola quella mattina stessa, e nel pomeriggio sono venuti i miei genitori. E per la cronaca: una grassa risata ai miei che tentavano di dissuadermi guardando al lato economico della cosa: sono riuscita a farmi dare i libri del primo anno in comodato d'uso gratuito, anche se ufficialmente non ne avrei avuto diritto! Prova del fatto che se davvero vuoi una cosa, troverai qualsiasi modo per arrivarci.
Ricordo quel pomeriggio come uno dei più brutti della mia vita. Il preside non c'era, e tutto il suo sostegno neppure. Così l'incontro è stato con la vicepreside, che ha iniziato a insultarmi a dire che volevo andare al liceo artistico solo perchè non avevo voglia di fare nulla; la cosa più brutta era che i miei la sostenevano, ed io sono solo scoppiata a piangere, perchè non sapevo come esprimere la rabbia che mi portavo dentro. In mio soccorso è venuto un professore di lettere di un'altra classe, che mi conosceva di fama per aver disatteso le olimpiadi della matematica. Questo professore aveva insegnato al liceo artistico molti anni fa, e ha iniziato a dire che "gli studenti del liceo artistico o stanno là, o muoiono, se Carlotta se ne vuole andare è perchè sta morendo dentro giorno per giorno". Ovviamente ho continuato a piangere, senza dire altro, perchè quel professore, che non sapeva nulla di me, mi aveva difesa, e mi aveva capita.
Arrivata a scuola nuova, al Liceo Artistico Paul Klee, ero felicissima. Mi sentivo spaesata, ma finalmente dove sarei dovuta essere.
Era esattamente il 4 dicembre 2007 quando ho varcato per la prima volta quelle porte.
Non scorderò mai quel giorno.
Avevo incontrato vicino a scuola, mentre stavo arrivando, una mia vecchia amica, che mi ha presentata ad altri miei compagni di classe, e così l'inserimento è stato un po' meno imbarazzante.
Quell'anno è stato difficile per molti motivi, che un po' sono sparsi per questo blog, un po' me li sono sempre tenuta per me. Fatto sta che quell'anno non so quale angelo custode abbia fatto in modo di non bocciarmi, ma il risultato è stato essere stata rimandata a settembre delle tre discipline caratterizzanti: plastiche, pittoriche e geometriche.
E così stavo confermando i dubbi di tutti, i miei genitori, i miei professori, e pressocchè chiunque anche se non interpellato, continuava a sostenere che avevo sbagliato scuola, che dovevo cambiare di nuovo, e cose molto peggiori che non riporterò.
Eh no belin, non volevo darla vinta a LORO. Ormai ero rimasta da sola contro il resto del mondo.
Beh dopo aver frequentato i corsi di recupero estivi, e dopo aver superato gli esami di recupero, dal secondo anno, ho iniziato, più o meno, a rigare dritto di nuovo.
Una delle persone a cui devo il mio futuro, è la professoressa di matematica che mi ha fatto ripetizioni l'estate tra il secondo e il terzo anno di liceo. Se non mi avesse aiutata a recuperare tutte le lacune che mi portavo dietro dal primo anno, probabilmente non avrei mai scelto di fare ciò che sto facendo ora.
Ho anche una storia carina per quanto riguarda la scelta dell'università.
Era una delle odiose giornate di orientamento organizzate dalla scuola. Avendo l'esperienza precedente, non avevo prestato attenzione nemmeno per 10 minuti; fin quando la ragazza che era lì a parlarci, non ha deciso di distribuirci a caso guide dei vari corsi di studio. A me è capitato in mano quello di ingegneria. Nel mio cervello avevo la convinzione che sarei andata a studiare filosofia, pertanto con una grassa risata ho posato il libricino nello zaino, con la consapevolezza che non l'avrei mai più riaperto, anche perchè avevo avuto una brutta esperienza: al salone dell'orientamento, mentre ci lavoravo per conto del liceo, per orientare gli studenti delle medie, avevo colto l'occasione per fare un giro tra i vari info point delle università. A ingegneria avevo trovato una tizia odiosa, e anche particolarmente stupida, che mentre tentava di spiegarmi le cose, continuava insistentemente a fissare il mio polso sinistro, che per chi non lo sa, ha ben visibili parecchie brutte cicatrici. Me ne ero andata dallo sconforto, ripromettendomi di non mettere mai piede in luoghi in cui riuscivano a farmi sentire così tanto giudicata.
Ad ogni modo, in quel periodo mi frequentavo con uno studente di ingegneria meccanica, e mi ci ero vista subito dopo la giornata di orientamento. Quando ho iniziato a raccontargli di come è andata, ho ripreso in mano il famoso libricino che mi era stato propinato. L'ho aperto, ed esattamente alla metà c'era il corso di studi in 'scienza e ingegneria dei materiali'. Ho iniziato a leggere con avidità, e ho iniziato a fare mille domande a Flu su cosa fossero le materie che erano scritte lì, e facendomi spiegare più cose possibili.
Quel libricino mi aveva messo la pulce nell'orecchio, ed ero talmente tanto attirata, che sono andata a visitare l'università all'open day, e ho raccolto più informazioni possibile.
Alla fine rimaneva una grandissima indecisione: filosofia o scienza dei materiali?
Fortunatamente ho scelto la seconda opzione. Anche lì non avevo ricevuto un granchè di consensi; i miei ormai avevano imparato che qualsiasi cosa volessi, con la determinazione che ho, l'avrei ottenuta, pertanto questa volta non si sono pronunciati, anche perchè penso che a loro bastasse già solo il fatto che avessi deciso di iscrivermi all'università per essere soddisfatti. Il resto del mondo credeva fosse inadatto per una studentessa del liceo artistico finire a ingegneria, ma ciò che non sapevano, è che sarei riuscita bene proprio perchè primariamente sono una studentessa del liceo artistico.
Tornassi indietro nel tempo sceglierei di studiare al liceo artistico ancora e ancora. Mi ha insegnato tantissime cose; non a disegnare, non a fare sculture; come dicono i professori delle discipline artistiche: il liceo non ti deve insegnare a disegnare, non ti deve insegnare ad essere creativo; quelle cose le devi già avere.
Ed è vero. E' incredibilmente vero. E a me personalmente ha insegnato a osservare il mondo come se dovessi disegnarne ogni dettaglio, ha insegnato a impegnarmi con tutta me stessa nei miei progetti, ha insegnato a esprimermi, mi ha insegnato ad attingere ad ogni aspetto della mia vita per risolvere un qualsiasi problema, mi ha insegnato ad allargare gli orizzonti, mi ha insegnato a guardare i dettagli senza scordarmi della visione d'insieme, mi ha insegnato a portare la creatività in qualsiasi aspetto della mia vita, mi ha insegnato a trasformare in qualcosa di bello anche le emozioni più negative.
Grazie all'arte ho scoperto la parte più irrequieta ed emotiva di me stessa, l'arte e la bellezza mi hanno salvata dal buio in cui sarei potuta cadere non seguendo il mio istinto.
Per questo motivo credo fermamente che "La bellezza salverà il mondo" (Dostoevskij)

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