Combattere il patriarcato

 "combattere" e "sconfiggere" sono i termini con cui inizio i miei ultimi due post. La mia vita è  in lotta costante, o almeno, così la percepisco. Lunga vita ai ribelli, ma io mi sto stancando. E qualcuno potrebbe ribadire che è semplicemente la vita ad essere difficile; ho pensato anche a questa ipotesi, poi l'ho scartata, perché sì, è difficile per tutti, e sì è una questione di atteggiamento, ma il combattimento costante no, non lo ritengo normale.

Ieri mi sono resa conto che la mia sensazione di alienazione passa anche per un altro aspetto che non avevo ancora considerato: il come mi vesto nell'ultimo periodo.

Mi piace molto stare senza social, ma mi sono resa conto che la realtà alienante è quella del lavoro. E non solo perché Marx fin dall'inizio ha sempre detto che il capitalismo aliena l'uomo, o meglio, quella è solo una parte, ovvero il non capire come si possa essere felici da lavoratori dipendenti, passando otto fottutissime ore del proprio tempo a far fare profitto agli altri senza i dovuti riconoscimenti, ma questa è un'altra storia.
Nell'azienda in cui lavoro, sono l'unica donna. E questo mi stressa, è una storia già vista, e poi ho anche scoperto che esistono studi in cui è dimostrato che le donne che lavorano in un ambiente con più disparità di genere, producono maggiori quantità di cortisolo, l'ormone dello stress.
Bene, premesso questo, io ero ben consapevole della disparità di genere quando mi hanno assunta. Ed è un po' la storia di tutte le donne che lavorano in settori del genere, l'ingegneria è al maschile, l'industria è al maschile, persino nel layout dei luoghi di lavoro.
E qui veniamo al trigger maggiore a questo post; la mia esperienza con il sollevare pesi tutti i giorni al lavoro, e la volontà di ottenere la patente per il muletto.
Ma facciamo un passo indietro e torniamo all'alienazione nel modo di vestire.
Mi vesto per sporcarmi. E nessuno dovrebbe vergognarsi di essere sporco di lavoro. Eppure, questa cosa la vedo come un annullamento della mia identità, per rendermi sciatta e simile a loro, trasandata come quelle donne nel mondo scientifico che ho sempre criticato per questa loro scelta di perdere la femminilità. E mi sono resa conto che non si perde femminilità perché si riconosce che esistono qualità più importanti, la si perde per diventare invisibili.
Mi vesto con magliette brutte, felpe mezze distrutte, leggings comodi, e sempre le stesse scarpe. A volte nemmeno faccio attenzione al fatto che io sia pettinata o meno, e figuriamoci se mi sia mai venuto in mente di mettermi dell'eyeliner o del rossetto. All'inizio non ero così. Mi ci hanno portata gli infiniti commenti dei colleghi, anche quelli con un intento positivo, perché mi hanno lentamente portata a sentire un infinito disagio nella mia presenza in azienda. L'abito il monaco lo fa, e io ho deciso (non so quanto consciamente) di alienarmi completamente e nascondermi, fingendo che la mia presenza non sia importante. Colori scuri, vestiti anonimi, e nemmeno per la pigrizia del dovermeli cambiare per non sporcarmi. Solo, così sono più a mio agio, tranquilla, so che non attiro gli occhi di nessuno addosso a me. Ieri leggevo l'articolo di un blog in cui l'autrice sosteneva che si sentiva più a suo agio a lavorare con gli uomini perché, a differenza delle donne, loro non fanno commenti sullo stile e non si comportano da vipere. Però gli uomini sul posto di lavoro fanno di molto peggio, almeno nell'azienda dove mi trovo io. Si passa dai commenti (per fortuna molto ridotti) alla maleducazione (non sessista, ma molto spesso rivolta a me gratuitamente), si passa anche per il togliermi autorità e mansioni.

E così, se metto una camicetta carina mi viene detto "sei molto in forma anche se non fai sport" (quando ero ancora nel recupero dell'infortunio. E vi dirò, ok è un complimento, ma chi te l'ha chiesto? E soprattutto, a un uomo diresti che quella camicia lo fa sembrare più in forma? Perché devi giudicare il mio fisico sul posto di lavoro? Subito non avevo notato che la cosa mi mettesse a disagio, sono arrivata dopo qualche riflessione al come mi faceva sentire.

Se sono in qualche posizione strana perché sto lavorando e devo tirare cavi in basso o qualsiasi altra cosa che non sia lo stare in piedi o seduta, mi capita di sentirmi urlare commenti irripetibili (che nemmeno quando ho lavorato al porto). Irripetibili e volgari soprattutto. Più di una volta. E lì mi sono paralizzata, mi sono resa conto che non sapevo come reagire, perché era una situazione talmente fuori contesto, che non sapevo assolutamente come gestire. Scrollarmi di dosso quel disagio, è stato difficilissimo.
E dopo quegli episodi (ero appena all'inizio), mi sono resa conto che ho fatto di tutto per isolarmi e alienarmi. Non ascolto più quando parlano, se si rivolgono direttamente a me parlo, altrimenti non mi esprimo. Non mi sbilancio, non do opinioni, non esito, in pratica, ho smesso di esistere, volendo essere completamente uguale agli altri.

E allora vengo insultata più sul personale e attaccata sui titoli, ad esempio quando pongo un problema di sicurezza rispetto a qualcosa che devo svolgere, mi viene risposto "hai un dottorato, mi aspetto che risolvi problemi ben più difficili di questo", e se esprimo la necessità di guidare il muletto in modo indipendente (senza interrompere costantemente il lavoro altrui e dover ovviamente aspettare per ricevere aiuto e completare il mio lavoro), mi viene risposto "io non so se voglio farti salire sul muletto". E perché? Sono menomata? Non sono in grado? No, sono una donna. Le donne per definizione non sanno guidare, no? E figuriamoci se sanno guidare il muletto, che ha la trazione posteriore. Comunque oggi ho l'esame pratico per la guida del muletto; e non ho nemmeno ricevuto un'adeguata formazione. Ma questa è un'altra storia, che fa parte della poca cultura della sicurezza che c'è qui, che mischiata al sessismo e alla maleducazione, creano un mix esplosivo.
Come quella volta in cui ho chiesto che anche a me come ai miei colleghi uomini fossero forniti vestiti da lavoro adeguati e scarpe antinfortunistiche della mia taglia (lavoro come loro, mi sporco come loro, rischio quanto loro), e mi è stato risposto "mettiti nelle condizioni di lavorare e non rompere i coglioni". Non voglio vedere sessismo dove non c'è, ma il mio collega neoassunto ingegnere d'impianto, assunto persino qualche mese dopo di me, non ha dovuto mai chiedere i suoi DPI, glieli hanno dati quando è arrivato, senza che nessuno si questionasse sul fatto che gli servissero o meno.

E io ho sempre ritenuto un privilegio poter lavorare con un camice addosso, che nascondesse la poca voglia di vestirmi bene, ma qui abbiamo un problema ben diverso, che è il vestirsi nel modo più anonimo possibile per essere invisibile. E qualcuno (anche me stessa a me stessa) ribatte che è la vita fuori dal lavoro quella in cui ci si può davvero esprimere al meglio; ecco, qui ribatto che la vita fuori dal lavoro è davvero poco tempo, molto poco.

Non prendetelo come un post di lamentele, per favore, perché non lo è. Ma è semplicemente far vedere in faccia la realtà della disparità di genere, con cui mi devo confrontare quotidianamente, anche se ho i titoli, anche se ho le competenze, a anche se lavoro tanto duramente quanto gli altri.
Ed è sconfortante, perché contribuisce davvero alla mia sensazione di alienazione. Non sono alienata "nella catena di montaggio" come diceva Marx, ma sono alienata nel dover combattere per far riconoscere che merito lo stesso rispetto dei miei colleghi uomini. Vorrei portare avanti questa lotta senza perdere la mia identità, che comunque è già molto fragile ultimamente (ma l'identità non esiste, no? Lo diceva Pirandello...). Perdere me stessa e abbandonarmi all'alienazione di questo ambiente di lavoro, significa farmi sconfiggere dal patriarcato, come miliardi di donne ogni giorno.
Non so cosa fare, sento sulle mie spalle la responsabilità di farmi valere, e di portare avanti una lotta condivisa con tutte le altre donne, e nello stesso tempo soffro anche io di quella cosiddetta "sofferenza storica" che mi risultava così difficile capire qualche anno fa, e che implica il sentire la sofferenza e pagare le stesse pene delle nostre antenate. Una sofferenza tutta al femminile, che non mi aspetto venga capita da tutti, e sono anche consapevole del fatto che ancora, qualche lettore o lettrice di questo post interpreti come lamentele.

Lavora e non rompere i coglioni.
Si, è questo l'atteggiamento, e non riesco a stare zitta, non riesco proprio.
Ne abbiamo di strada da fare, compagne e compagni -il patriarcato danneggia anche gli uomini, unitevi nella lotta per una società migliore, che forse non vedremo, ma che è importante iniziare a creare fin da adesso, fin da ogni piccolo, minuscolo contributo che possiamo portare al mondo. Questo post è una mia piccola goccia nell'oceano, imparare a guidare il muletto fottendomene dell'altrui opinione è un'altra. Se riesco anche a capire come non perdere me stessa nel processo, avrò realmente vinto.



Commenti

  1. Lotte vecchie come sono vecchi i pregiudizi. Verrebbe da dire: sono uomini, cosa vuoi pretendere? E invece pretendi, pretendi che aprano gli occhi, che aprano la testa che aprano il cuore.
    Io consiglio parolacce e prese in giro, in genere gente gretta non sa rispondere all'ironia. Infine: non è vero che niente sia cambiato, in certi ambiti le cose si sono evolute. io ho una capa donna e, certo, amche dei colleghi maiali, ma non così tanti.
    Continua a lottare e la lotta non è alienazione

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    1. Grazie per l'incoraggiamento! Continuerò a lottare, certo! Ma il tema dell'identità mi preme tanto, ho davvero paura di perdermi in un momento di confusione come questo.

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  2. ... agli inizi della mia "carriera lavorativa" a me è capitato l'inverso ...
    ... colleghe di mio pari valore (devo ammettere) mi hanno ampiamente superato mostrando al principale i loro attributi, concedendo anche qualche "pacca", ma data così, "per scherzo" ...

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  3. Ognuno ha sempre da raccontare su quello che succede in ambito lavorativo, anche se c'è sempre da brontolare nei momenti familiari, nello svago, con gli amici. Lottare e confrontarsi credo che sia inevitabile! Le donne hanno conquistato se stesse e si sono emancipate con i rapporti reciproci fra gli uomini e fra le stesse donne. Lottare e amarsi è molto meglio

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    1. Auguri per il suo blog
      Colgo l'occasione per invitarla nel mio web: https://lacascinadeisogni.blogspot.com
      L'aspetto co piacere! 🤗

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