L'urlo muto

Oggi è una di quelle giornate. Proprio una di quelle in cui dubito della mia sanità mentale, e non è ironia. Ultimamente va di moda attribuirsi svariate malattie mentali, va di moda fare stupidi meme sull'ansia, va di moda parlare di depressione senza sapere cosa sia.
Oggi sento la mancanza di qualcosa, ma non so identificarlo.
Mi manca casa.
Mi manca la mamma.
Mi manca il mio gatto.
Mi manca il sole.
Mi manca il respiro.
Oggi è una di quelle giornate in cui tremo al pensiero di essere viva, tremo al pensiero di dover fare cose, tremo di paura per il solo fatto di essere viva.
Oggi mi ricordo di come tutto pesi come un macigno, qui, sulle mie spalle.
Mi sento inadeguata a questa esistenza.
Mi sento disperata e senza uscita.
Mi sento annegare.
Oggi potrei precipitare; è una di quelle giornate in cui mi sento disorientata, non so nemmeno camminare.
L'oggi è solo una nebulosa palude di tristezze, tutte diverse, tutte concentrate. L'oggi mi fa paura, forse persino più del domani.
Mi rotolo nella mia coperta di paure, mi avvolgo nello scialle dell'inquietudine.
Chi sono? Cosa ci faccio in questo mondo?
Mi sembra che nulla abbia un senso, che io stia solo sprecando tempo, e che qualsiasi cosa io faccia sia irreversibile.
Mi sento incompresa, come se tutti i giorni lanciassi un urlo muto, ad una frequenza che nessun essere umano possa essere in grado di cogliere.
Ho chiesto aiuto, si l'ho fatto. Ma sembra che la società ti giudichi per la debolezza, per il non farcela. Ci si sente indegni di stare a questo mondo, quando si sta così male.
Ho paura di sprofondare in quel nulla cosmico che per troppo tempo mi ha avvolta, in passato. Ho paura di iniziare a detestare il cielo, il calore del sole, i sorrisi di chi sta qui vicino.
Mi manca il respiro.
Sempre più spesso penso a come sarebbe il non svegliarmi più al mattino, così da un giorno all'altro, senza alcun preavviso.
Sempre più spesso sprofonderei deliberatamente in un rassicurante nulla, in cui niente esiste.
Sempre più spesso vorrei solo fluttuare in qualche imprecisata regione dell'universo, perchè sento che questa non mi appartiene.
Non mi appartiene.



L'ho rifatto.
Un anno ogni dieci
Ci riesco -
Una specie di miracolo ambulante, la mia pelle
Splendente come un paralume Nazi,
Un fermacarte il mio
Piede destro,
La mia faccia un anonimo, perfetto
Lino ebraico.
Via il drappo,
o mio nemico!
Faccio forse paura? -
Il naso, le occhiaie, la chiostra dei denti?
Il fiato puzzolente
In un giorno svanirà.
Presto, ben presto la carne
Che il sepolcro ha mangiato si sarà
Abituata a me
e io sarò una donna che sorride.
Non ho che trent'anni.
E come il gatto ho nove vite da morire.
Questa è la numero tre.
Quale ciarpame
Da far fuori ogni decennio.
Che miriade di filamenti.
La folla sgranocchiante noccioline
Si accalca per vedere
Che mi sbendano mano e piede -
Il grande spogliarello.
Signori e signore, ecco qui
Le mie mani,
i miei ginocchi.
Sarò anche pelle e ossa,
Ma pure sono la stessa identica donna.
La prima volta successe che avevo dieci anni.
Fu un incidente.
Ma la seconda volta ero decisa
a insistere, a non recedere assolutamente.
Mi dondolavo chiusa
Come conchiglia.
Dovettero chiamare e chiamare
e staccarmi via i vermi come perle appiccicose.
Morire
è un'arte, come ogni altra cosa.
Io lo faccio in modo eccezionale.
Io lo faccio che sembra come inferno.
Io lo faccio che sembra reale.
Ammettete che ho la vocazione.
È facile abbastanza da farlo in una cella.
È facile abbastanza farlo e starsene lì.
È il teatrale
Ritorno in pieno giorno
a un posto uguale, uguale viso, uguale
Urlo divertito e animale:
"Miracolo!"
È questo che mi ammazza.
C'è un prezzo da pagare
Per spiare
Le mie cicatrici, per auscultare
Il mio cuore - eh sì, batte.
E c'è un prezzo, un prezzo molto caro,
Per una toccatina, una parola,
o un po' del mio sangue
o di capelli o un filo dei miei vestiti.
Eh sì, Herr Doktor.
Eh sì, Herr Nemico.
Sono il vostro opus magnum.
Sono il vostro gioiello,
Creatura d'oro puro
Che a uno strillo si liquefà.
Io mi rigiro e brucio.
Non crediate che io sottovaluti le vostre ansietà.
Cenere, cenere -
Voi attizzate e frugate.
Carne, ossa, non ne trovate -
Un pezzo di sapone,
Una fede nuziale,
Una protesi dentale.
Herr Dio, Herr Lucifero,
Attento.
Attento.
Dalla cenere io rivengo
Con le mie rosse chiome
e mangio uomini come aria di vento.

Sylvia Plath - "Lady Lazarus"

Commenti

  1. Caspita.
    Per un attimo ho pensato l'avessi scritta tu. E mi stavo preoccupando.
    La depressione é un problema serio, che nessuno dovrebbe giudicare.
    Diversi blogger della "mia cerchia" ne sono affetti. Spero sempre che ne vengano fuori.
    Spero che tu non rientri tra questi. 🖤

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  2. il nulla è rassicurante. ma la bellezza del tutto a me fa venire la pelle d'oca. non è instabilità, è ricerca di equilibrio. l'equilibrio è instabile di suo.

    RispondiElimina

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